La crisi del cacao e la filiera Altromercato

Ci puoi dire come si crea il mondo della filiera del cacao? 


L’area delle materie prime si chiama Made in Dignity e ha come obiettivo quello di creare filiere sostenibili su tre principali crop (coltivazioni): cacao, zucchero e caffè; distribuire e vendere queste materie prime o queste filiere ad attori della realtà industriale agroalimentare europea e italiana.
Il progetto è nato circa otto anni fa con Ferrero con cui abbiamo fatto il primo progetto in Mauritius, quindi accanto a forniture di zucchero per cinque anni è stato sviluppato anche un progetto di cooperazione e di supporto per le comunità locali. Ad oggi lavoriamo poi con diverse realtà come Esselunga, con Loacker, con Lavazza con l’obiettivo di base di creare filiere sostenibili per queste grosse realtà appunto per avere un impatto maggiore in termini di quantitativi di volume.
Da quest’anno poi abbiamo accorpato anche gli acquisti di zucchero, caffè e cacao per Altromercato e quindi anche per i prodotti finiti che vengono venduti nelle botteghe e nei supermercati e io mi occupo appunto della gestione di quest’area che va a controllare tutta la parte nelle filiere. 

Questo per quanto riguarda una panoramica più generale.

In termini di cacao diciamo che è il nostro principale prodotto, di cui movimentiamo in quantitativi e fatturato maggiore. 

Appunto il nostro obiettivo è sempre quello di accompagnare l’attività di forniture di materie prime con progetti di sviluppo in loco. Abbiamo due diverse tipologie: una la chiamiamo partnership for goal e quindi sono le grosse aziende che hanno disponibilità economica per finanziare direttamente progetti di cooperazione. Per esempio lo stiamo facendo in Togo con Esselunga, lo faremo in Madagascar sempre con Esselunga, in Ecuador con Loacker e in West Africa con Lavazza.

Questa attività prevede appunto uno risborso finanziario da parte del partner che può essere di diversa entità (per quanto riguarda Esselunga sono 500k divisi in cinque anni quindi 100k l’anno) e sono tutte attività focalizzate sul migliorare le condizioni lavorative lungo la filiera e quindi non è il classico intervento da ONG diciamo, quindi costruzione o impatto sociale diretto sulla comunità, ma è legato strettamente all’ambito agro-alimentare e quindi appunto l’obiettivo è quello di rendere sostenibili le filiere per far sì che siano le filiere stesse a rendere sostenibile la vita delle persone che ci lavorano. 


ABBIAMO LETTO CHE LA COMPAGNIA EL CEIBO SI MUOVE MOLTO IN UN’OTTICA DI SOSTENIBILITA


Con El Ceibo non ci lavoriamo tantissimo, acquistiamo un po’ di polvere di cacao e lavoriamo molto con altre realtà come Acopagro, come Maquita inoltre sviluppiamo anche noi una parte di programmi quando non troviamo una realtà che voglia finanziare direttamente, noi reinvestiamo la parte del nostro utile in progetti di sviluppo con i produttori. Come filiera lavoriamo sul cacao in Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela per quanto riguarda il Sud America. Per quanto riguarda l’Africa lavoriamo con Madagascar, Togo, Sierra Leone e Uganda. 


C’è stato un evidente aumento del prezzo del cacao, la nostra domanda è: chi decide l’andamento sul mercato internazionale, da cosa è dovuto e quali sono i fattori o fautori?


Per la questione del costo partiamo dal presupposto che ci sono tre commodity: materie prime che hanno e seguono fondamentalmente il prezzo di borsa e quindi c’è un mercato. 


In sostanza c’è l’andamento quotidiano di movimentazione dei prezzi delle materie prime e quindi ogni cinque min durante la giornata di apertura della borsa quotidiana vale questo prezzo, quindi questo è poi il prezzo di riferimento che viene preso da tutti gli attori mondiali per l’acquisto del cacao. A questo prezzo qua, che è il prezzo di borsa, viene poi aggiunto un differenziale che va a stabilire la qualità del cacao; quindi esempio un cacao dell’Ecuador solitamente è ritenuto di più alta qualità rispetto a un cacao della Colombia, quindi un differenziale da applicare sulla borsa più alto. Noi oltre a questo reinvestiamo una parte del guadagno per fare progetti, quindi diciamo che è come se mettessimo una somma ulteriore rispetto al prezzo che paghiamo per appunto rafforzare le cooperative in loco. Diciamo che ogni programma poi è personalizzato rispetto ai bisogni e alle aspettative di ogni partner. Di solito ci interfacciamo con diverse cooperative, ci comunicano i loro bisogni, noi rielaboriamo i loro bisogni insieme a loro e da questo sfocia poi il programma che ha l’obiettivo di andare a risolvere o migliorare quelle che sono le problematiche individuate. Quindi diciamo che sì in questo momento il prezzo della borsa del cacao è alle stelle, un po’ per scarsità di prodotto… Diciamo che il mercato del cacao, per la maggior parte viene mosso dall’Africa: almeno il 75% della produzione mondiale è in Africa, il resto in Sud America e un pochino è in Asia. è da un po’ di anni che l’Africa ha diverse difficoltà soprattutto legate a mancanza di investimenti strutturali e quindi diciamo tra strade in pessime condizioni, pratiche agronomiche in campo gestite molto male e formazione del personale (contadini) molto molto bassa e questo associato a un costante aumento della richiesta di prodotto ha portato a un collasso delle strutture quindi quest’anno sia a causa di malattie sia a causa del cambiamento climatico, sia a causa per l’appunto di male pratiche lungo tutta la filiera si è avuto un deficit molto importante di prodotto e questo come conseguenza ha avuto un incremento molto alto del prezzo appunto perchè la domanda era molto più alta di quella che era l’offerta. 


Come incide il cambiamento climatico sulla produzione di cacao? è un elemento anche questo che pare decisivo. 


Si, soprattutto quest’anno si vede molto. Diciamo che ci sarebbero pratiche per contrastare questi effetti, (però appunto richiedono investimenti). Cosa che noi di solito rendiamo/facciamo un po’ come nostra mission, molte realtà invece puntano a massimizzare semplicemente il profitto e quindi tendono ad acquistare in campo senza formazione, senza andare ad impattare realmente la filiera e quindi quelle che potrebbero essere tutte le pratiche come ad esempio l’utilizzo di fertilizzanti naturali, potature nei periodi giusti dell’anno, gestione in campo del terreno sono tutti elementi che vanno comunque in contrasto rispetto agli effetti del cambiamento climatico che però se non gestite poi vanno ad acutizzarne ulteriormente gli effetti. 


Invece rispetto alla sostenibilità sociale, che impatto hanno questi progetti? E poi andate anche in loco per mantenere i contatti oppure è più distanziato? 

Si, allora diciamo che in ufficio siamo in sette. Adesso abbiamo molti fornitori quindi non riusciamo purtroppo a visitarli tutti, però di solito siamo in tre persone che viaggiano e tengono rapporti costanti coi fornitori. Cerchiamo di andare a visitare non dico una volta tutti gli anni però almeno ogni tre/quattro anni avere una presenza fissa là. Diciamo che la nostra idea è anche quella di avere relazioni forti e concrete con le cooperative (realtà) con cui collaboriamo, quindi un contatto visivo, sul campo è sempre fondamentale in quest’ottica. Poi dal punto di vista sociale devi pensare che ogni continente e ogni paese ha delle specificità diverse quindi non si può applicare un modello standard su tutte le realtà con cui collaboriamo. Per esempio, magari in Togo c’è un problema dell’empowerment femminile appunto perché a livello di/ per normativa statale le donne non possono possedere terreni e quindi lì andiamo a lavorare per cercare di aumentare la presenza e il peso delle donne all’interno della comunità e della coop stessa. Mentre in Madagascar o in Asia dove c’è una situazione opposta dove le donne hanno già una presenza all’interno della cooperativa e nei vertici della coop, si va allora più sulla parte in campo.

Diciamo che è appunto molto tarato sulla singola situazione, quindi c’è un costante interscambio di comunicazione con i partner appunto perchè l’obiettivo non è quello di andar noi a imporre un progetto, ma è quello di capire con loro quali sono le effettive necessità e da qui scaturiscono diversi programmi. 


Diciamo che a livello sociale non c’è una soluzione unica, ma è un equilibrio tra sostenibilità economica, sociale ed ambientale: ambientale tutte le varie pratiche in campo, economica appunto il pagamento di un prezzo equo alle cooperative che garantisca sostenibilità e sociale appunto viene adeguata a seconda delle diverse dinamiche che ci sono nelle comunità e nei diversi paesi.


E quindi tra tutti i progetti e paesi non so se ne hai uno particolarmente “da premiare” sull’aspetto della sostenibilità e magari parlarmene un po’, approfondendo

Con Loacker abbiamo fatto un’analisi, si chiama SROI che starebbe per Social Return on Investment, in pratica è un indice per valutare l’impatto sociale avuto dal finanziamento del progetto, mi spiego meglio Loacker ha messo, sparo una cifra, 200k euro lo SROI va a far notare l’impatto in termini economici positivo di quel dato investimento. Di questo studio, che abbiamo commissionato a una società esterna, uno spin off dell’università di Firenze ha rilevato che per ogni euro investito sul progetto da Loacker i benefici economici risultanti al progetto sono stati equivalenti a 2,44.
Ogni euro in più investito ha fruttato 2,44 in corrispettivo di sostenibilità sociale e quindi di rafforzamento delle capacità dei contadini di lavorare il campo quindi aumenta la produttività, vende meglio il prodotto, diversificazione delle coltivazioni e quant’altro.

Sono tutti progetti che noi consideriamo vincenti, appunto perchè trovano riscontro nella realtà industriale, questo nello specifico è l’unico che abbiamo formalizzato con dati oggettivi e attraverso la valutazione fatta tramite terzi. Sono tutti ottimi progetti, questo è l’unico su cui possiamo attestare in maniera oggettiva i risultati. 


NORMANDINO (Perù) - riforestazione: Esatto lì abbiamo ad esempio delegato la vendita delle uova di pasqua e dei pacchi di natale per le aziende, per ogni uovo di pasqua acquistato viene reinvestita una parte del profitto per la piantumazione di alberi e quindi la riforestazione. Lì poi si rilega su tutto il tema del Carbonio, appunto perché la piantumazione di alberi verso l’estate genera dei surplus di carbonio (che poi c’è tutto un mercato lì).

che poi la comunità, quindi i singoli contadini si vanno a rivendere e quindi è una fonte di guadagno ulteriore per i produttori oltre che essere comunque un surplus di abbattimento di emissioni di CO2.


COME NASCONO QUESTI PROGETTI? DA 0?

Abbiamo due persone che si occupano di sostenibilità, una appunto è la responsabile Federica che ha la gestione un po’ di tutta la parte della sostenibilità e l’altra e Agnese che ci sta aiutando che è una tirocinante e loro seguono tutta la parte del contatto con il produttore, la definizione dei programmi e Federica segue tutta la parte dei contatti con le grosse aziende. Due persone dedicate che si occupano di questa parte qua. 

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