Puglia, 4 e 6 Agosto 2018. Nell'arco temporale di due giorni perdono la vita 16 persone, nel percorso per raggiungere il loro luogo di lavoro, i campi agricoli della raccolta del pomodoro.
Rimini non dimentica !
PERCORSO MARCIA:
Piazzale Fellini, Viale Amerigo Vespucci, Piazzale Marvelli, Lungomare Tintori, Piazzale Boscovic.
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L’APPELLO
Puglia, 4 e 6 Agosto 2018. Nell'arco temporale di due giorni perdono la vita 16 persone, nel percorso per raggiungere il loro luogo di lavoro, i campi agricoli della raccolta del pomodoro in una pianura infinita nelle campagne di Foggia, veri e propri non luoghi.
Tra quei lavoratori ci sono anche Bafode, Ebere e Romanus, nostri compaesani, amici e fratelli che dopo essere sopravvissuti ai viaggi della morte, nella frontiera più mortale al mondo, il Mare Mediterraneo, hanno visto riconosciuto il loro diritto di restare e la loro richiesta di asilo nel nostro territorio, dove hanno vissuto gli ultimi anni della loro giovane vita.
Oggi, da Salvini a Bolsonaro passando per Trump, è in atto una sempre più forte legittimazione della morte di chi è considerato altro, estraneo, straniero, nemico. Un processo che ha come obiettivo intenzionale l'annientamento dell'altro nella sua dimensione di essere Umano.
Contro questo processo, dobbiamo e vogliamo oggi, più che mai, non solo ricordare i nomi delle persone che sono morte, ma essere capaci di raccontare le loro storie e di ridare loro Umanità.
Questo significa avere il coraggio di dire che oggi di lavoro si muore, così come si muore di confini.
Bafode, Ebere e Romanus non sono vittime di una fatalità, ma di una guerra silenziosa che si combatte contro chi vive il ricatto della povertà, contro i e le braccianti, le lavoratrici e i lavoratori e le lavoratrici del turismo, gli operai e le operaie del settore logistico.
Dobbiamo, oggi, avere il coraggio di parlare di questo. Di batterci contro il Lavoro Gravemente Sfruttato, che significa battersi per le persone contro il loro sfruttamento e la loro disumanizzazione; di partire dalle condizioni attuali del lavoro per restituire alle persone non privilegi, ma diritti e dignità; di tornare a parlare di lavoratori e lavoratrici, precari e precarie, sfruttate e sfruttati non in base al colore o alla provenienza geografica, ma in forza del loro bisogno comune, il riconoscimento della propria dignità di esseri umani e in forza alla loro condizione comune di povertà e precarietà che significa rivendicare salari degni, case, ammortizzatori sociali.
Dobbiamo, oggi, avere il coraggio di tornare nelle strade, di far vivere queste parole per non essere più meri testimoni ma corpi desideranti e cooperanti in movimento per costruire un mondo diverso e possibile, libero dallo sfruttamento, dal razzismo, dal sessismo.
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